Archeologia e Bibbia: il grande Esodo

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Fonte: https://www.bibbia-it.org/storie-dalla-bibbiacantico-di-mose.html

Il prezzo che il faraone ha dovuto pagare per la propria ostinazione è stato altissimo. L’ultimo, bagnato del sangue di poveri piccoli innocenti. Adesso è proprio lui che ordina a Mosè di prendere il suo popolo e andare via dall’Egitto.

Gli ebrei cominciano immediatamente a fare i preparativi per la partenza, probabilmente nel timore che il faraone possa cambiare idea. Alle prime luci dell’alba le donne si adoperano a preparare gli impasti per il pane che occorrerà lungo il viaggio, ma non c’è tempo di aspettare che l’impasto lieviti. Si cuoce, quindi, pane non lievitato, il matzah, ancora oggi utilizzato durante le celebrazioni della Pasqua ebraica e dai beduini del Sinai, anche perché ha la proprietà di conservarsi per lunghi periodi di tempo. Secondo il libro dell’Esodo i seicentomila ebrei partono da Pi-Ramses e si dirigono “alla volta di Succor”.

Non conosciamo precisamente l’ubicazione di Succor. Esistono, però, delle ipotesi. Alcuni studiosi la collocano nell’odierna Tell el-Retabeh, mentre altri pensano si trovi nei pressi di Tell el-Mashkuta. Entrambi i luoghi, comunque, sono nelle vicinanze della Wadi Tumeilat, una striscia di terra adiacente al fiume Nilo che a suo tempo fungeva da punto di transito dall’Egitto a Canaan, conosciuta come la Via di Shur. Mosè decide di percorrere questa via passando prima per Etham e poi per Bersabea, così da poter raggiungere Canaan, la Terra Promessa, nel giro di qualche settimana.

In Egitto, però, il faraone, dopo qualche giorno vissuto in uno stato di profonda confusione, si riprende, cambia idea e decide di riprendere i fuggiaschi ebrei. Il Signore, visto questo, comanda a Mosè di compiere una inversione di marcia e, tornando indietro, di dirigersi verso Pi-Achiròt, davanti a Baal-Sefòn, tra Migdol e il mare, così da confondere gli egizi che, nel frattempo, sono partiti con un esercito di seicento carri.

La Bibbia, parlando di questa distesa d’acqua che si estende dinanzi agli ebrei, la chiama semplicemente “il mare”.Il riferimento al Mar Rosso, yam suph, il “mare dei giunchi” lo troviamo in un altro passo precedente. In realtà, sulle rive del Mar Rosso non ci sono giunchiglie, mentre troviamo, vicino alle paludi dei Laghi Amari, dei banchi di sabbia ricoperti di cespugli o giunchi. Qui, in corrispondenza di alcune stagioni dell’anno, questi banchi di sabbia riaffiorano nel punto che unisce i due Laghi Amari, il Grande e il Piccolo, tanto da poterne consentire l’attraversamento.

Questo è il momento della storia che, penso, tutti conosciamo. Mosè alza in aria il bastone e le acque del Mar Rosso si aprono, così da permettere agli israeliti di attraversarlo sull’asciutto. Quando Mosè si assicura che tutti gli ebrei sono al sicuro sull’altra sponda, tende di nuovo le braccia e le acque si richiudono sui carri egizi, seppellendoli in una vera e propria tomba d’acqua.

L’improvviso cambio di programma disorienta Mosè. Adesso il suo popolo si trova in una posizione del tutto inedita con, a nord di Etham, la strada che costeggia il Mediterraneo, la Via dei Filistei, e a est la Via di Shur, in direzione del deserto del Sinai. Mosè preferisce non intraprendere strade a lui sconosciute e decide dirigersi verso sud, lungo l’attuale Golfo di Suez, puntando verso la zona meridionale della penisola del Sinai, dove un tempo portava al pascolo il gregge che suo suocero, Ietro, gli aveva affidato.

Dobbiamo a questo punto dire che, ad oggi, non possiamo fare riferimento ad alcuna radice storica che possa aiutarci a trovare qualche riscontro che attesti la realtà dei fatti che stiamo narrando, né a delineare il percorso utilizzato dagli ebrei nel racconto del libro biblico dell’Esodo. Inoltre, non esiste alcun reperto archeologico relativo all’esodo. Ricordiamo anche che la stesura di questo libro da parte degli scribi risale al VI, VII secolo a.C., molti secoli dopo il periodo cui stiamo facendo riferimento. Per cui, tutto quello che possiamo fare, non è altro che tentare un qualche ragionevole esercizio di sapore strettamente letterario.

Proviamo quindi ad esaminare alcuni aspetti. Ad esempio, a un certo punto gli israeliti fanno tappa presso l’oasi di Mara. La Bibbia racconta che qui l’acqua era amara e che Mosè la rende dolce (Esodo 15: 22, 23). Possiamo ipotizzare che il redattore faccia qui riferimento all’oasi di Ain Musa, situato a circa quaranta chilometri dai Laghi Amari. Altri propongono le sorgenti calde di Hammam Fara’un Malun, a circa cinque chilometri da Ain Musa. Il sito si trova nelle vicinanze del complesso minerario di Serabit el-Khadem e a quello di Wadi Maghara, ricchi di malachite, rame e turchese che gli Egizi estraevano fin dai tempi di Cheope, costruttore della Grande Piramide di Giza.

Il sito di Wadi Maghara fu scoperto dagli archeologi nel 1809 e fu oggetto di scavi nel 1932 da parte della Harvard University. Qui gli archeologi hanno riportato alla luce numerose tavolette e iscrizioni risalenti al regno dei faraoni Djoser e Sanakht della III dinastia e monumenti della XII dinastia.

Un altro passaggio dell’Esodo racconta che gli ebrei trovarono l’acqua lungo la strada per Elìm, dove c’erano “dodici sorgenti e settanta palme”. Anche qui alcuni ipotizzano che il luogo corrisponda al boschetto di Wadi Gharandel, a circa otto chilometri da Serabit el-Khadem. Elìm significa “tamarischi” e, infatti, ancora oggi l’oasi è circondata da un boschetto di palme, datteri e tamarischi.

Dopo aver placato la sete, giunse il momento in cui gli ebrei cominciarono a lamentarsi per la fame. Il Signore, allora, provvide a far coprire l’accampamento da enormi stormi di quaglie, mentre al mattino gli israeliti trovarono uno strano tipo di rugiada che ricopriva il terreno, alla quale diedero il nome di “manna”. La manna fu da molti utilizzata come una sorta di farina per fare il pane. Sia la manna che le quaglie sono note ai beduini del deserto. La manna è la secrezione di un insetto che si nutre di tamarischi e rilascia, quindi, una sostanza dolciastra sul terreno che viene raccolta e utilizzata per preparare dei biscotti dolci. La penisola del Sinai, poi, si trova in un punto in cui, uccelli migratori, tra cui le quaglie, percorrono il cielo durante il viaggio annuale che compiono dall’Africa alle regioni più fredde del Nord, finendo spesso tra le reti che i beduini del Sinai tendono per catturarle.

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