La legge sull’autonomia differenziata, tanto cara alla Lega, ha subìto un importante stop da parte della Corte costituzionale, la quale – dopo l’esame dei ricorsi presentati dalle regioni Campania, Puglia, Sardegna e Toscana – ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni contenute nel testo della legge. Dalla lettura del Comunicato della Consulta emerge chiaramente che “l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo”; questo richiamo al potere esecutivo di attenersi rigorosamente ai propri ambiti di competenza e a non adoperare il Parlamento quasi fosse un “servo sciocco”, ci consente di evidenziare, ancora una volta, l’erroneità dell’impostazione della politica della Meloni di insistere sul fatto che la sovranità apparterrebbe solo alla maggioranza e in nome della volontà della propria maggioranza il Governo pretenderebbe di passare sopra a quell’insieme di meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l’equilibrio tra i vari poteri all’interno dello Stato, previsti dalla Costituzione.
Infatti, la Consulta ha evidenziato che “la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata”; inoltre la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità “della previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP” (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali). In definitiva, la Consulta ha evidenziato che si possono trasferire dallo Stato alle Regioni solo specifiche funzioni e non intere competenze, come previsto dall’art. 116 della Costituzione.
Quindi dai supremi custodi della Costituzione è arrivato un secco “No!” alla pretesa del Governo di esercitare un potere sostanzialmente privo di controlli. È pure rassicurante l’affermazione con la quale si conclude il Comunicato della Consulta: “La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale”. Resta da vedere quanto tempo occorrerà a esponenti politici di governo prima di “denunciare” la presenza di “zecche rosse” anche tra le fila dei giudici della Consulta! Piuttosto il quadro che emerge dai rilievi mossi dalla Corte costituzionale alla legge sull’autonomia differenziata, proposta dal senatore Calderoli, c’induce a ritenere che se anche questa norma non è “una porcata”, poco ci manca.
Un sacrosanto sfogo contro Salvini, Calderoli e la Meloni che, diversamente da quanto ha più volte sostenuto, è ricattabile, politicamente, dai cervelloni leghisti.